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Non è un bazar, dove sono esposte mille e una merce di ogni provenienza ed ognuno trova per forza quella che gli serve. No, questa Bottega della Franca non è un posto di frode, di fregatura, di illusione o, peggio ancora, di false certezze. La Bottega della Franca è vera. È un luogo accogliente quanto può esserlo un grembo; è protettivo nel senso che ripara il tuo acquisto da ogni sguardo indiscreto o critica svilente; è intrigante quando fa scaturire il bisogno di quello che neanche tu sapevi di desiderare. Gli oggetti, il blocchetto di marciapiede, il tombino in ghisa o il buco della fogna, stanno dentro il baule nel retro di un negozio del paese. Ogni tanto salgono in vetrina e ogni tanto devono essere ripescati da questo baule. Non c’è la cassa. Non che non si paghi quello che si compera, ma la riscossione non avviene attraverso i soliti canoni di scontrino. Non è un negozio, dunque, ma non è neppure una sala mostra. È piccolo. Piuttosto un nido per acquistanti. È un posto dove non c’è specificità di vendita, né di acquisto; un posto dove non c’è niente, ma si trova tutto quello che serve. Quasi una presenza metafisica di risposta al nostro bisogno. Nel senso che se non abbiamo un bisogno non troviamo niente da acquistare. Se abbiamo un bisogno, ma non lo riconosciamo, nella Bottega della Franca troviamo ciò che serve a soddisfare un bisogno che neppure riconoscevamo di avere. il posto dove ogni artista espone e si incontra con clienti, finanziatori, appassionati, professionisti.